In un attimo

di Lady Macbeth

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  1. …elisa…
     
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    L'autrice di questa storia è Lady Macbeth.

    In un attimo



    Il suono dei violini si levava alto nell'ampio salone di palazzo Ristori sino a solleticare piacevolmente le orecchie dei nobili che intrecciavano aggraziate danze, fatte di movimenti sinuosi e di giochi di sguardi, di gesti armoniosi e leggiadri. La luce avvolgeva ogni cosa, ne accarezzava i contorni e ne impreziosiva i colori rendendo l’atmosfera della festa ancora più vivace. Le nobildonne, tutte avvolte nei loro bei vestiti sfarzosi, se ne stavano in piedi ad ammirare gli altri danzare sussurrando di tanto in tanto qualche frivolezza all'orecchio della vicina; altre, sedute, adornate di vistosi gioielli, chiacchieravano dell’ultima moda di Parigi o dei pettegolezzi diffusi a corte, agitando con eleganza i ventagli rifiniti con ricami e merletti. Gli uomini, a piccoli gruppi, discutevano di politica, delle riforme del re, delle nuove tendenze illuministe, e talvolta ridacchiavano, forse a qualche battuta audace di qualche nobile sfacciato. E tra quella gaiezza, quell'aria leggera di festa, quel chiacchiericcio delizioso che si mescolava alla musica confondendosi con essa in un connubio armonioso, c’eri anche tu, accanto a tua madre e a tuo marito a dispensare sorrisi e accennare inchini con il capo, come a voler scusare tuo fratello che, di punto in bianco, si era messo a ballare con una serva. Quel gesto, certo piuttosto inopportuno, aveva però appena intaccato quell'atmosfera così serena e tutti, pur borbottando tra loro, avevano ripreso a fare ciò che facevano prima, limitandosi a lanciare sguardi maliziosi verso il conte. I musicisti avevano ripreso a suonare quando un rumore in lontananza li aveva interrotti: rumore di passi che salivano rapidamente le scale e un grido che invocava aiuto. Tutti si voltarono verso l’ingresso della sala per vedere chi fosse. Tutti tranne te, che conoscevi troppo bene quella voce, che l’avresti riconosciuta tra mille altre, quella stessa voce che ti eri ripromessa di dimenticare, cancellandola per sempre dai tuoi ricordi ma che ora tornava, e tornava non più ad avvolgerti calda e seducente, come aveva fatto in passato, ma a lacerarti il cuore come la lama fredda e tagliente d’un pugnale. In un attimo capisti chi era. E mentre di chiedevi perché fosse venuto lì, in casa tua, come per darti il colpo di grazia, per appesantire il macigno che già ti portavi dietro da anni, ti sembrò di cadere nel fondo di un abisso, in buio cupo, denso, perduta, in quel labirinto di emozioni destate dal solo il suono della sua voce. Ti sentisti smarrita, e mentre lui si avvicinava alla sala, ogni suo passo risuonava sull'impiantito come un rumore assordante che distruggeva ogni tua certezza e, al tempo stesso, ti apriva gli occhi facendoti capire che l’indifferenza, quella che fingevi nei suoi confronti, non scatenava una tale reazione, e questo, ancor più ti sconcertava. Quando entrò tutti lo fissarono ma tu, indifesa come ti sentivi, temesti che, davanti a lui, saresti stata disarmata, che il suo sguardo, nell'incrociare il tuo, ti avrebbe penetrata e sarebbe giunto fino in fondo all'animo a scovare anche il più intimo sentimento. Gli occhi suoi, così profondi e intensi così come li ricordavi, quegli occhi che un tempo ti incantavano, che erano un mare in cui ti abbandonavi dolcemente, ora avrebbero potuto ucciderti, lì, in quel momento, se solo ti fossi voltata per vedere ancora una volta quel volto. E così rimanesti salda al tuo posto, come pietrificata, mentre ti sentivi mancare, pallida in viso, con il respiro affannato, tormentandoti le mani. Ma più cercavi di mantenere la tua solita compostezza più vacillavi e chiudesti gli occhi per non cadere e per cercare di riprendere il controllo del tuo corpo che sembrava non voler obbedirti più. Avresti dovuto andartene di lì, voltandogli le spalle e dimostrargli tutto il tuo disprezzo ma le gambe non si muovevano e restavi come sospesa in una turbine di pensieri, di sensazioni, di sentimenti che si avvicendavano impetuosamente nel tuo cuore. Le sue parole ti arrivavano confuse, come provenienti de luoghi remoti: “Aiuto…Fabrizio…vi prego…Lucia”. Quel nome. Fu quel nome a farti tornare presente a te stessa. Lucia, e tutto il dolore che quel nome portava con sé. E così, in un attimo, tornasti con la mente a quella sera di alcuni anni prima, alla sera delle speranze perdute e dei sogni infranti.

    Quel pomeriggio, nel salotto del palazzo, sedevano nobili e nobildonne che trascorrevano il tempo a chiacchierare piacevolmente. Li aveva invitati tua madre: “Bisogna pur partecipare alla vita di società, anche questo è un modo per mantenere il buon nome della nostra famiglia” aveva detto, e ti aveva chiesto di partecipare. Nella placida luce di un pomeriggio invernale sedevi accanto a lei ascoltando un po’ distrattamente i discorsi della grossa signora che vi stava di fronte, una nobildonna sofisticata, avviluppata in un pomposo vestito color amaranto, che parlava, disinvolta e a testa alta, degli ultimi scandali, oscillando lievemente la mano che accompagnava le parole e quando arrivava al fulcro della storia la agitava per sottolineare i particolari più significativi come se si trattasse di argomenti di vitale importanza. Tu la ascoltavi, in silenzio, e cercavi di assecondarla, sorridendo, mentre pensavi che non avresti voluto diventare come lei: una marchesa annoiata tutta attenta a scovare l’ultimo scandalo per sopravvivere alla monotonia di una vita spesa nei salotti aristocratici. Una serva aveva portato il tè e lo stava versando nelle tazzine di porcellana cinese; ne porse una all'ospite, una a tua madre e una a te. Tenevi la tazzina per il manico in procinto di portarla alla bocca guardando la donna che scrutava tua madre per cogliere le varie espressioni che i suoi racconti le dipingevano sul volto e ora sembrava veramente arrivata al culmine del suo racconto che avrebbe dovuto destare stupore e indignazione: “E poi, cara Agnese, non sapete di cosa si mormora ultimamente riguardo al giovane Antonio, l’unico figlio del conte Ceppi?” disse. A quel nome abbassasti lo sguardo, arrossendo, e ti lasciasti sfuggire un sorriso. Tua madre, che se ne accorse, non disse niente e guardò la donna con aria interrogativa ma senza invitarla a continuare, con la sua solita discrezione per non mostrarsi eccessivamente curiosa. Con gli occhi che brillavano, illuminati da quell'irrequietezza che agita l’animo delle giovani innamorate quando sentono nominare colui che fa battere loro il cuore, ma con quell'imbarazzo che sempre provavi quando si parlava di lui e o che ora ti infiammava le guance guardasti la marchesa tenendo la tazzina sospesa a mezz'aria, nell'attesa che dicesse di più. “Non lo sapete? Ve lo dirò io: ha sposato una serva, una certa Lucia, che lavorava lì da loro. E’ uno scandalo, un vero scandalo: ha disonorato la sua famiglia, una cosa indecorosa, senza contare che perderà il titolo.” Quelle parole ti caddero addosso come pioggia gelida. Per un attimo ti mancò il respiro, ti sembrò di scivolare da un precipizio e di precipitare in basso, sempre più in basso, mentre tutto attorno a te si faceva buio come se la luce che rischiarava i tuoi giorni, che dava un senso alla tua esistenza, fosse stata spenta dal soffio di quelle parole che ti mettevano davanti agli occhi una verità che non volevi accettare. Il tempo si dilatò e la realtà perse di colpo le sue forme e i suoi contorni, come trasfigurata in una dimensione sospesa, in cui esistevi solo tu, tu e il vortice di pensieri che si avvicendavano disordinatamente nella tua testa Rabbrividisti, non già perché in quella stanza fosse effettivamente freddo, ma perché qualcosa in te si era spezzato, qualcosa era andato distrutto e aveva lasciato un vuoto gelido e immenso. Alla fine di quell'attimo interminabile ti sembrò di sentire il frastuono del tuo cuore che andava in frantumi e quel rumore acuto ti riportò improvvisamente alla realtà. Ti ridestasti, come da un incubo ma senza la rassicurante certezza che era stata tutta immaginazione. La tazzina che avevi tenuto in mano sino ad allora si era infranta sul pavimento: l’avevi lasciata cadere senza neanche accorgertene. Mortificata ti levasti in piedi voltandoti verso gli ospiti: ti fissavano, chiedendosi come fosse stato possibile che la tua condotta sempre impeccabile avesse lasciato spazio a tanta sbadataggine. Rimanevi lì e volgevi gli occhi smarriti sulle facce incredule di tutti loro, indecisa, con le parole che ti morivano in gola. Guardasti tua madre che ti lanciò un’occhiata di rimprovero ma in cui ti parve di scorgere almeno un barlume di comprensione. Era come brancolare nelle tenebre senza poter trovare una via d’uscita. E allora fu il tuo corpo ad agire per te: “Perdonatemi, ha avuto un mancamento, preferirei ritirarmi” avevi detto rivolta a tua madre senza sapere chi veramente avesse pronunciato quelle parole. Intanto la serva raccoglieva in ginocchio i frammenti di porcellana sparsi qua e là, ti soffermasti a guardarla con lo sguardo spento, disilluso: chi invece avrebbe raccolto i pezzi del tuo cuore infranto? Poi cercando di riappropriati della lucidità che quelle parole ti avevano portato via ti voltasti verso i presenti e accennasti un inchino, con la maggiore disinvoltura possibile per non far trapelare nulla dello sconvolgimento che avevi dentro. Ti incamminasti verso la porta: avresti voluto gettarti a terra in lacrime, e invece proseguivi a testa alte, avresti voluto urlare di dolore, e invece rimanevi in silenzio, avresti voluto correre via, e invece camminavi a passo lento. Valicata la soglia ti richiudesti la porta alle spalle appoggiandoti contro di essa, sconvolta. Una sola lacrima era scesa a rigarti la guancia. Scuotendo la testa avevi iniziato a correre, verso camera tua, coprendoti il viso con le mani, sperando che nessuno ti vedesse e intralciasse il tuo cammino. E mentre correvi un solo pensiero ti riempiva la testa: Lucia. Chi era costei? Che amabile creatura doveva essere, quale bellezza e quale gentilezza d’animo doveva avere per indurlo ad andare contro le convenzioni sociali, contro la sua famiglia, contro la nobiltà tutta e spingerlo a sposarla nonostante fosse di umili origini? Arrivata alla tua stanza ti ci infilasti dentro e chiudesti a chiave la porta. Avresti voluto rimanere per sempre lì dentro, lontano da tutto e da tutti, ma soprattutto lontano da lui. Ti gettasti sul letto dando sfogo alle lacrime e tra i singhiozzi ti sentivi soffocare avvolta da una matassa di sentimenti ed emozioni che non riuscivi a districare. E proprio quando sentivi il mondo crollarti addosso ti si figurava davanti l’immagine di lui, bello e terribile al tempo stesso con la cruda consapevolezza che quell'immagine ti presentava d’innanzi: lui non ti voleva più. All'improvviso capivi perché da tempo non era più tornato a palazzo, perché non c’era alle ultime feste e ti rimproverasti di non averlo capito prima di aver aspettato che fossero le parole di una sconosciuta ad annunciarti che non ti amava più o che anzi non ti aveva mai amata. Eppure come era possibile che non si fosse accorto di quello che provavi tu? Non si era accorto del rossore che ti compariva in volto ogni volta che pronunciava il tuo nome, dei sospiri che agitavano il tuo petto ogni volta che lo vedevi, del tremore delle tue mani ogni volta che ti prendeva sottobraccio, non aveva compreso i taciti messaggi dei tuoi sguardi? Possibile che non avesse visto il vero sentimento che giaceva dietro la maschera che la società ti metteva sul viso, dietro al tuo pudore, dietro alla freddezza dovuta alle regole ferree, dietro alla rigidezza imposta dai codici di comportamento? O forse se ne era accorto e ti aveva deliberatamente rifiutata? E questo, al solo pensarci, ti straziava di dolore. Cercasti allora di cancellare tutto ciò che ti restava di lui ma sentivi ancora sulle labbra il sapore di quell'unico bacio: quando, passeggiando nel parco della tenuta, ti aveva colta di sorpresa, ti aveva tratta vicino a sé e ti aveva baciata; e tu, stupita, ti eri abbandonata a quella dolce passione ma poi ne eri rimasta spaventata, temendo che ti avrebbe travolta, mentre il cuore era pervaso da un sentimento nuovo, tanto bello quanto impetuoso e sconvolgente. E allora ti eri ritratta, staccandoti delicatamente, e pensando che era sconveniente che rimaneste lì da soli, che quel bacio, in quel momento, avrebbe potuto essere inopportuno, che tuo padre aveva già scelto lo sposo adatto a te e mai e poi mai avresti potuto contravvenire alle sue scelte. Ma il ricordo di quel bacio rinnovava il dolore e tentasti da scacciarlo via con forza dalla mente. Levasti sguardo verso la finestra: era calata la notte. Ti affacciasti dal balcone e guardasti verso il cielo: le stelle parevano i frammenti di un gioiello andato in pezzi contro un oscuro pavimento, eppure la luna riluceva splendente, offuscando la luce di quei minuscoli cristalli, e avvolgeva ogni cosa in una candida atmosfera rendendo la notte diafana. Neppure lei comprendeva il tuo dolere e nella gelida brezza invernale che era giunta a sferzarti il volto ti sentisti, per la prima volta, incredibilmente sola. E allora contro quella luna che da lassù sembrava volerti fare dispetto giurasti, fingendo una fermezza e una risolutezza che non avevi, che non avresti più sofferto tanto, che non avresti più provato tanto dolore e che l’avresti dimenticato, cancellato per sempre dalla tua memoria. Piuttosto avresti permesso agli altri di decidere della tua vita, avresti sposato un uomo che non amavi, avresti nascosto le lacrime dietro ai sorrisi ma alla fine ci saresti riuscita. Avevi deciso di armarti per una guerra vana, da cui saresti uscita sconfitta. Eppure, in fondo al cuore lo sapevi: sapevi che avresti pianto, ogni notte, sognando quel volto, cercando quelle mani, sussurrando quel nome tra le lenzuola. Ma ti eri illusa veramente di poterlo dimenticare, un’illusione che svanì presto lasciando posto all'inesorabile consapevolezza che i sentimenti sono qualcosa di troppo intimo, troppo personale per essere cancellati da una semplice volontà: sono qualcosa che nasce dentro di noi e, una volta nati, si intrecciano, si confondono, si scontrano tra loro, a volte si acuiscono, altre si smorzano ma mai, mai scompaiono. Così anche per te sarebbe stato impossibile dimenticare. Perché il tempo sbiadisce ma non cancella. Ed infatti, quella sera, al ricevimento, era bastato il suono della sua voce a spazzare via dal tuo cuore ogni nebbia e a riportare alla luce quei sentimenti. E lo aveva fatto così, inaspettatamente, in un attimo.
     
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  2. …elisa…
     
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    Avevo dimenticato quanto bello potesse leggere storie di Anna e Antonio scritte così meravigliosamente, tali quasi da poter essere assimilate ad un capitolo di un libro.
    Sei riuscita a descrivere perfettamente ambientazioni, stati d’animo, a delineare in un attimo le personalità dei personaggi minori, rendendoli a tutto tondo mediante l’impiego di poche pennellate di parole.
    Hai reso l’immedesimazione così spontanea che, terminato il racconto, non ci si accorge di essere tornati nel mondo reale.
    Hai saputo includere in questa fanfiction tutti i temi fondamentali del rapporto tra i due personaggi, rappresentando scene e pensieri che ognuno di noi potrebbe vedere a modo suo, visto che nessuno ce li ha mai presentati nella serie tv. Tu sei riuscita a farlo così facilmente e realisticamente che mi sento quasi obbligata a condividere con te le idee che hai racchiuso nella storia, quali la scoperta del matrimonio del nostro amato da chi mai ci saremmo aspettati, senza che lui avesse mai dato un indizio sulla sua improvvisa decisione se non quello della sua sempre minore presenza accanto ad Anna.
    Hai inoltre chiuso il cerchio riportando il flashback al tempo reale: l’amore di Anna per Antonio è così grande che neanche il più grande dispetto, o la volontà più determinata, sarebbero in grado di farlo sparire per sempre.
    Bravissima, davvero.
     
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  3. lady macbeth95
     
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    grazie mi hai commosso ^_^ ^_^
     
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  4. Carlotta_Bar
     
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    Non potete capire quanto sia bello riprendere a leggere di loro due....
    Il tuo racconto, in particolare, è bellissimo.
    Tutto è molto ben bilanciato, senza contare che la versione che hai fornito è perfetta!
    Brav brava brava
     
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  5. lady macbeth95
     
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    grazie! :)
     
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  6. ClaFers
     
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    Se non è letteratura poco ci manca! Testo pregevole sia dal punto di vista retorico che da quello strutturale con la chiusura circolare del flashback. Complimenti davvero, è un piacere leggere i vostri testi, così ben scritti.
     
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5 replies since 24/1/2013, 17:43   279 views
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